Recupero Crediti Truffa Online: l’obiettivo prioritario dello Studio Legale Avvocato Penalista h24. Un obiettivo conseguito in una pluralità di casi, tra cui quello che pongo alla tua attenzione in questo articolo, da contestualizzare nell’ambito delle truffe afferenti a un finto lavoro online.
Negli ultimi anni, sono drasticamente aumentati i casi di truffe online noti come Task Scam: allettanti offerte di lavoro flessibile in cui vengono (apparentemente) promessi vantaggiosi guadagni a fronte di attività online per nulla impegnative ma che in realtà nascondono un complesso e ben congegnato schema fraudolento artatamente macchinato da scammers impietosi per raggirare ignari lavoratori e indurli a corrispondere sempre maggior capitale.
In un siffatto scenario, ha operato più e più volte il nostro Team Avvocato Penalista h24 che si dedica all’assistenza legale di persone che patiscono truffe online. Nel caso de quo, l’intervento degli specialisti dello Studio Legale Avvocato Penalista h24 ha condotto a un risultato gratificante: un accordo transattivo con il legale di uno dei truffatori per il recupero parziale dei fondi illecitamente sottratti alla nostra assistita, per un importo pari a euro 3.500,00.
Continua a leggere l’articolo e scoprirai tutti i dettagli.
Come avrai potuto comprendere, quella esaminata è una materia complessa, delicata e richiede particolari e specifiche competenze professionali che non tutti gli avvocati posseggono.
È sempre consigliabile, dunque, affidarsi a un valido e qualificato Avvocato per Truffa online esperto nella materia giuridica trattata di modo che, fin da subito, vi sia la massima garanzia del diritto di difesa, disponendo la strategia difensiva più opportuna al caso specifico.
Abbiamo già affrontato e risolto diversi processi con riferimento alla tematica delle truffe online di falso investimento: leggi i casi risolti del nostro studio legale.
Mettiti subito in contatto con uno dei nostri avvocati, il quale ti spiegherà il nostro metodo di lavoro che spesso ci porta ad avere grandi risultati con analogo grado di soddisfazione dei nostri assistiti. Appurerai che la nostra massima disponibilità e reperibilità, la nostra totale dedizione, l’impegno professionale profuso consentono, il più delle volte, di raggiungere l’obiettivo prefisso.
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Il caso della nostra assistita
La nostra assistita veniva adescata tramite contatto – attraverso la piattaforma di messaggistica istantanea Telegram – da parte di una utenza telefonica recante prefisso estero che promuoveva un (presunto) lavoro sponsorizzato da una fantomatica piattaforma denominata blockbyteq.top – individuata con il dominio https://blockbyteq.top/#/ – in cui venivano (apparentemente) garantite proficue entrate in cambio dello svolgimento – con tempistiche flessibili – di determinate mansioni online.
Abbindolata dalle promesse di un sedicente rappresentante della suddetta piattaforma e al contempo allettata dall’idea di generare profitti, la nostra cliente si determinava a svolgere (presunte) attività attraverso la piattaforma blockbyteq.top.
Inizialmente, le veniva richiesto di mettere “Mi Piace” a video presenti sulla piattaforma YouTube al fine di incrementare la popolarità dei bloggers e le iscrizioni sulla suddetta piattaforma, con un guadagno pari a euro 3 per ogni compito completato. Per accertare l’attività veniva richiesta come prova uno screenshot.
Successivamente, il (presunto) lavoro consisteva nell’aiutare i commercianti ad aumentare la visibilità, la vendita e le valutazioni dei prodotti al dettaglio con la promessa di una commissione pari all’1% che avrebbe costituito il compenso spettante e con un potenziale guadagno giornaliero compreso tra euro 50,00 e euro 300,00. Maggiore era il capitale iniziale, maggiori sarebbero state le commissioni. I prodotti non sarebbero stati spediti bensì sarebbero stati ricollocati. In tal modo, le aziende sembravano vendere svariati articoli e incrementare i loro profitti.
Al fine di svolgere al meglio le mansioni, veniva fornito alla nostra assistita un link tramite il quale accedere a un artefatto gruppo di lavoro e comunicazione in cui anche altre persone davano l’impressione di portare avanti le medesime attività eseguite dalla nostra cliente.
La stessa non titubava circa la reale consistenza di quanto prospettatole, dell’assistenza ricevuta e delle operazioni raccomandate in quanto gli operatori di turno si mostravano disponibili ad intrattenere conversazioni quotidiane e a garantire chiarimenti utili per i (presunti) compiti da svolgere. Inoltre, un fantomatico Servizio Clienti della piattaforma blockbyteq.top provvedeva ad accreditare i piccoli importi guadagnati dalla nostra assistita sul (presunto) wallet virtuale associato alla suddetta piattaforma.
Per di più, l’appartenenza a un team di lavoro neutralizzava qualsivoglia previsione di rischio.
Una volta carpita la fiducia della nostra cliente, le veniva illustrata la possibilità di incrementare i suoi introiti mediante iscrizione alla piattaforma di investimento e trading online World Wide Technology, su cui veniva invitata a creare il suo account di attività.
A tal proposito, le venivano forniti due diversi link di riferimento su cui svolgere le (presunta) attività di trading online: https://cryptogridv.top/#/; www.paycraft.top.
Con l’espediente di dover avviare le operazioni di trading, venivano richiesti alla nostra assistita i documenti di riconoscimento che purtroppo indebitamente cedeva.
Le veniva inoltre fatto credere che i suoi investimenti avessero esiti costantemente positivi: i (fittizi) profitti venivano accreditati sul (presunto) wallet virtuale della piattaforma World Wide Technology.
Tale artificioso scenario non era noto alla nostra assistita che infatti, potendo visualizzare soltanto la piattaforma sulla quale operava, era convinta che ogni versamento effettuato la avrebbe davvero consentito di conseguire ulteriori proventi.
Di conseguenza, aperto il profilo personale sul (presunto) wallet virtuale presente sulla suddetta piattaforma e iniziata la (presunta) attività finanziaria, la nostra cliente era definitivamente cascata in un meccanismo di truffa meglio noto come “Task Scam”.
I grafici dimostrativi dei guadagni generati all’interno della piattaforma World Wide Technology, si è capito successivamente, non corrispondevano alla realtà e avevano il solo fine di indurre la nostra cliente a corrispondere denaro per importi sempre maggiori, ingolosita dai (finti) profitti derivanti dalla (presunta) attività di trading.
I pagamenti richiesti per gli investimenti dovevano essere effettuati mediante bonifici su IBAN bancari italiani di volta in volta comunicati dai truffatori, indicando gli stessi il beneficiario, l’importo da dover corrispondere e la causale del bonifico.
Sempre più frequentemente gli stessi truffatori avanzavano tramite la fantomatica piattaforma nuove richieste di ricarica del (presunto) wallet virtuale, onde consentire lo sblocco del sistema e proseguire l’attività di trading online.
Pertanto, effettuati ulteriori versamenti e non avendo più soldi a disposizione da corrispondere, la nostra assistita formalizzava la sua richiesta di prelievo dei fondi investiti.
Tuttavia, i truffatori adducevano ingannevoli pretesti impeditivi di ottenere il capitale comprensivo di quanto realmente pagato e quanto (fittiziamente) guadagnato e inoltravano altresì continue richieste di denaro a titolo di tasse e commissioni con l’espediente di sbloccare i fondi depositati.
A questo punto, la nostra cliente avviava una ricerca autonoma atta a reperire notizie afferenti alla fantomatica piattaforma di investimento e trading online World Wide Technology: appurava la natura truffaldina della stessa e realizzava che il suo caso era assolutamente speculare a quello di molte altre ignare vittime.
Nello specifico, capiva che gli scammers avevano semplicemente simulato l’esistenza di investimenti i quali, in realtà, non erano mai stati effettuati per suo conto; che la stessa piattaforma era gestita direttamente da remoto dai truffatori e che faceva riferimento a movimentazioni di denaro non reali.
Decideva, dunque, di rivolgersi al nostro Studio Legale Avvocato Penalista H24 esperto nella materia delle truffe online, per avviare un’azione legale volta al recupero delle somme indebitamente corrisposte, per un ammontare totale di euro 14.000 al netto delle commissioni.
L’approccio scelto dal nostro Team Avvocato Penalista h24 a tutela della nostra assistita
Una volta che ci veniva prospettata la situazione, comprendevamo immediatamente l’urgenza del caso e la necessità di dover predisporre le opportune strategie legali atte al recupero crediti truffa online patita dalla nostra assistita e alla persecuzione dei truffatori.
Prima ancora di procedere con le azioni legali, aiutavamo la nostra cliente nella redazione della denuncia/querela essendo assolutamente evidente, alla luce di tutto quello che avevamo avuto modo di constatare, che avesse subito una truffa online ben orchestrata e che, nello specifico, nulla di quanto era stato corrisposto ai sedicenti brokers finanziari fosse mai stato realmente investito.
La nostra assistita aveva infatti effettuato versamenti, attraverso numerosi bonifici bancari, per conto di una fantomatica piattaforma di investimento e trading online a noi più volte segnalata, essendo quindi a noi ben noto il modus operandi dei truffatori e la loro particolare abilità nel circuire ignari risparmiatori attraverso promesse di guadagni ingenti, facili e veloci.
A mezzo della denuncia/querela veniva richiesto all’Autorità Giudiziaria di intercettare i flussi di denaro virtuale trasferito agli ignoti truffatori nonché di perseguire gli autori, ove individuati.
Dopo aver stilato la denuncia/querela con massima urgenza, noi professionisti dello Studio Legale Avvocato Penalista H24 provvedevamo tempestivamente all’approfondimento di tutta la documentazione che ci veniva consegnata dalla nostra cliente per scegliere il miglior approccio legale diretto al recupero dei fondi illecitamente sottratti alla stessa nella truffa online ordita ai suoi danni.
In particolare, procedevamo ad un’analisi completa dei versamenti che la nostra assistita aveva corrisposto a favore di persone fisiche attraverso bonifici bancari su conti correnti aperti presso Istituti di Credito che si trovavano sul territorio nazionale.
Ci concentravamo, dunque, sulla formulazione di richieste stragiudiziali di rimborso delle somme indebitamente pagate dalla nostra cliente direttamente alle persone fisiche beneficiarie degli importi versati, informando le stesse di tutto quanto si era verificato e dimostrando che detti versamenti avessero relazione con la truffa online di cui era rimasta vittima la nostra assistita.
Orbene, uno dei presunti truffatori – per non incorrere in conseguenze legali – si è fatto finalmente vivo per il tramite del suo avvocato e ha deciso di procedere alla restituzione di parte del capitale illecitamente sottratto alla nostra cliente.
Qui sotto, la e-mail mediante la quale l’avvocato di uno dei truffatori formalizzava al nostro Studio Legale Avvocato Penalista H24 la volontà del proprio assistito di procedere al rimborso parziale delle somme oggetto di truffa. In seguito a un accordo transattivo, il truffatore si impegnava infatti a versare una cifra pari a euro 3.500,00 a favore della nostra cliente a fronte della remissione della denuncia/querela da parte della stessa.
Aver patrocinato a favore della nostra assistita stipulando un accordo transattivo per il recupero del capitale, averla aiutata a non perdere del tutto i risparmi duramente raccolti nel corso della sua vita rappresenta per il nostro Team Avvocato Penalista H24 la migliore soddisfazione e la più grande ricompensa.
Se anche tu ritieni di essere stato truffato attraverso le modalità narrate, affidati a un esperto avvocato per il recupero del tuo capitale.
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Task Scam: dinamiche di una delle truffe meglio architettate
Nel panorama delle frodi online, è ormai dilagante la pratica cosiddetta Task Scam: truffa camuffata da offerta di lavoro.
Lauti guadagni e massima flessibilità spazio-temporale a fronte di attività semplici da portare a termine: le promesse millantate.
Ingenti somme di denaro inviate – inconsapevolmente – su conti correnti appartenenti a truffatori senza scrupoli a fronte di guadagni fittizi e rimborsi fantasma: la strategia truffaldina.
Risparmi di una vita naufragati: il tragico epilogo.
Il meccanismo di truffa si articola idealmente in diverse fasi, ciascuna delle quali contribuisce a rafforzare l’inganno perpetrato ai danni delle vittime:
- Adescamento. La truffa nasce da un contatto diretto tra vittima e truffatore attraverso:
- Chiamate promozionali da parte di utenze recanti generalmente prefisso straniero;
- Messaggi privati tramite le più diffuse piattaforme di messaggistica istantanea Whatsapp/Telegram;
- Annunci sulle comuni piattaforme social Facebook/Instagram;
- Banner pubblicitari accattivanti sponsorizzanti proposte di lavoro create ad hoc grazie all’uso illecito di marchi e loghi di importanti aziende.
L’operatore di turno illustra la possibilità di fruttuosi guadagni a fronte di attività online per nulla impegnative e poco remunerative da svolgere quotidianamente e a determinati orari. Il lavoro consiste nel cliccare il tasto “segui” su profili presenti sulla piattaforma Instagram oppure nel mettere “mi piace” a video caricati sulle piattaforme YouTube o Instagram al fine di incrementare la visibilità dei bloggers e le iscrizioni sulle suddette piattaforme. Per ogni compito completato, il guadagno è usualmente compreso tra euro 1 e euro 8. Allettata dalla prospettiva di generare profitti con pochi click, la vittima manifesta concreto interesse per le attività proposte. Sicché, le viene affiancato un sedicente tutor di riferimento.
- Superamento della diffidenza. Il sedicente consulente pone in essere una serie di subdole operazioni artificiosamente indirizzate a instillare credibilità e a carpire la fiducia della vittima. In particolare, si mostra disponibile a intrattenere conversazioni quotidiane e a fornire chiarimenti e consigli utili ai fini dei compiti da portare a termine, spingendosi – per far apparire tutto in regola – a condividere informazioni personali oltre ai suoi recapiti telefonici e/o all’indirizzo e-mail. Inoltre, dopo essersi accertato della attività richiedendo come prova uno screenshot, provvede ad accreditare i piccoli importi guadagnati dalla stessa vittima, la quale viene per di più inserita in un fantomatico gruppo di lavoro e comunicazione in cui anche altri utenti sembrano svolgere i suoi stessi compiti. La vittima ha l’effettiva percezione di trovarsi all’interno di un sistema rodato e strutturato, gestito da operatori seri e affidabili, e finisce per determinarsi a svolgere una seconda attività (apparentemente) finalizzata a incrementare ulteriormente le percentuali di guadagno con minimi rischi. Con espedienti di ogni tipo, la stessa vittima può essere altresì indotta:
- A cedere i documenti di riconoscimento e a condividere dati sensibili;
- Ad accendere un nuovo conto presso una Banca diversa da quella di appartenenza, persuasa dal pretesto adducente la necessità di avere un solo conto dedicato alla piattaforma;
- Ad aprire un conto su una delle comuni Exchange per la conversione di euro in USDT;
- A scaricare l’applicazione Anydesk per il controllo da remoto del proprio dispositivo, affidandosi all’esperienza millantata dal sedicente tutor.
- Coinvolgimento attivo. La vittima viene esortata ad anticipare il prezzo di alcuni prodotti in vendita su una piattaforma di E-commerce, con la promessa che tutto le sarà rimborsato maggiorato da percentuali di commissione che costituiranno i suoi guadagni. Acquistati i primi ordini, la vittima ottiene i proventi all’interno di un (presunto) wallet virtuale che visualizza sulla stessa piattaforma; tuttavia, per accedere alla serie di ordini successiva o incassare i profitti maturati ed i rimborsi, le viene richiesto di depositare sempre nuove somme di denaro. In alternativa, se non provvede, non può “sbloccare” la cifra guadagnata fino a quel momento. I soldi vengono solitamente inviati su conti correnti bancari di presunti commercianti, comunicati di volta in volta dagli stessi falsi operatori, indicando gli stessi il beneficiario, l’importo da dover corrispondere e la causale del bonifico. La vittima, persuasa dell’affidabilità del sedicente consulente e ingolosita dall’idea che ogni pagamento effettuato le consente davvero di sbloccare nuove tasks e guadagnare altro denaro, accondiscende ad ogni richiesta avanzata.
- Epilogo. Le richieste di pagamento diventano sempre più incalzanti fino ad essere materialmente insostenibili. Per di più, accumulata una cifra considerevole nel (presunto) portafoglio virtuale, la vittima generalmente decide di monetizzare i propri guadagni, desiderosa di incassare le percentuali maturate. Tuttavia, a fronte delle richieste di prelievo, vengono rappresentate dal truffatore fasulle complicazioni che impediscono di ottenere il capitale comprensivo di effettivi investimenti e (fittizi) guadagni e vengono altresì inoltrate continue richieste di denaro a titolo di tasse e/o commissioni con l’espediente di autorizzare le stesse operazioni di prelievo. La leva psicologica gioca come sempre un ruolo fondamentale: la vittima, sentendosi minacciata dalla possibilità – rappresentata dal sedicente consulente e spesso suffragata da fake e-mail provenienti dalle più svariate Governance – di bloccare tutto il capitale investito e perdere, dunque, i risparmi di una vita, si presta a versare le somme pretese.
Per contro, il prelievo non viene accordato. Anzi, le richieste di pagamento proseguono, artificiosamente giustificate dalla più fantasiosa aneddotica. In alternativa, può accadere che il truffatore diventi sempre più sfuggente, fino a defilarsi completamente.
Di conseguenza, solo dopo aver subito un esborso economico non indifferente, la vittima prende coscienza di essere stata truffata.
I grafici dimostrativi dei guadagni generati all’interno della piattaforma non corrispondono alla realtà e hanno avuto il solo scopo di indurla a versare denaro per importi sempre maggiori, ingolosita dai finti profitti derivanti dalle (presunte) attività svolte.
Nessun investimento è stato fatto per suo conto.
La piattaforma afferisce a movimentazione non reale e funge semplicemente da specchietto per le allodole affinché ignari risparmiatori ingenuamente versino ingenti somme di denaro.
Interessante è l’intervento giurisprudenziale (Cassazione penale Sez. II sentenza n. 26775 del 14 luglio 2021) secondo cui in tema di truffa, gli artifici e raggiri rilevanti ai fini della configurazione del reato non si esauriscono nella produzione di falsa documentazione o nella manipolazione di dati contabili ma possono consistere anche nella falsa rappresentazione delle proprie qualità professionali e competenze tecniche, quando tale condotta sia idonea a carpire la fiducia delle potenziali vittime e sia causalmente efficiente nell’indurle in errore. In particolare, nel caso di investimenti finanziari, il presentarsi falsamente come esperto di trading finanziario e inventore di sistemi di negoziazione in grado di garantire elevati rendimenti costituisce un artificio penalmente rilevante, non potendosi invocare il concetto di dolus bonus tipico delle trattative commerciali quando la condotta dell’agente si fondi interamente su una rappresentazione mendace delle proprie qualifiche e capacità professionali. L’ingiusto profitto causalmente collegato a tale condotta comprende non solo le somme versate dalle vittime a seguito della produzione di falsi rendiconti attestanti rendite inesistenti ma anche quelle erogate nella fase iniziale del rapporto sulla base dell’affidamento riposto nelle millantate competenze dell’agente. La natura intrinsecamente aleatoria del contratto di investimento non esclude la configurabilità del reato quando l’attività di intermediazione finanziaria sia svolta da un soggetto privo delle necessarie qualifiche professionali, il quale mente circa le proprie competenze tecniche e la reale natura speculativa dell’operazione.
Fattispecie di reato individuabili
Tra le figure di reato perpetrate ai danni delle vittime di truffa cosiddetta Task Scam sussiste innanzitutto la Truffa ex art. 640 c.p.. Si tratta di un reato posto a tutela del patrimonio che certamente risulta offeso dalla condotta posta in essere dai truffatori i quali, dietro la proposta di un finto lavoro online, inducono le vittime a corrispondere nel corso di poco tempo ingenti somme di denaro su IBAN bancari riconducibili agli stessi truffatori, a fronte della promessa di lauti guadagni che, chiaramente, non intervengono giammai. Che la garanzia di profitto sia solo un espediente per persuadere le stesse vittime a versare il denaro emerge allorquando viene richiesta l’immissione di sempre maggiore capitale.
Essendo la menzionata truffa stata commessa a distanza attraverso strumenti informatici idonei a ostacolare l’identificazione dei truffatori e a facilitare il perpetuarsi del reato in modo più rapido e meno tracciabile, si può ritenere pacificamente integrato il delitto di Truffa aggravata di cui all’art. 640 comma 2 n. 2 ter c.p..
Per di più, ricorre l’aggravante comune della Minorata difesa ex art. 61 comma 1 n. 5 essendo le vittime in una posizione di effettivo svantaggio rispetto ai truffatori (i quali appunto consapevolmente ricorrono allo strumento della rete che consente loro di schermare facilmente la propria identità e di sottrarsi in modo agevole alle eventuali conseguenze penali), il che è ampiamente dimostrato dal fatto che i versamenti effettuati dalle vittime sono indirizzati a conti/portafogli virtuali riferibili a soggetti ignoti. L’aggravante sussiste dunque quando il reato viene commesso attraverso contatti telematici a distanza che non consentono alla persona offesa di verificare l’identità e l’affidabilità del venditore né l’esistenza del bene offerto. Tale aggravante permane anche in presenza di successivi contatti telefonici tra le parti, venendo meno solo qualora si realizzino incontri di persona che eliminino la distanza fisica tra venditore e acquirente. La condotta tipica si realizza attraverso la pubblicazione di falsi annunci su piattaforme online, seguiti da comunicazioni tramite e-mail e via telefono con le vittime, utilizzando utenze intestate a soggetti inesistenti per mascherare la propria identità (Tribunale penale Torino sentenza n. 1301 del 9 luglio 2021).
Ricorre altresì l’aggravante comune del Danno patrimoniale di rilevante gravità ex art. 61 comma 1 n.7 allorquando i truffatori, a fronte delle tempestive e pertinenti richieste disposte dalle vittime a più riprese, non provvedono alla restituzione di alcun importo corrisposto dalle stesse. Tanto è sicuramente sufficiente ad integrare l’aggravante in parola che si configura quando la somma di denaro oggetto della condotta fraudolenta è di entità tale da poter consentire, anche ad un piccolo nucleo familiare, di provvedere alle esigenze primarie di vita necessarie per circa un anno. Ai fini della determinazione del danno patrimoniale cagionato alla persona offesa, qualora la condotta delittuosa risulti unitaria, deve essere considerata l’intera somma complessivamente sottratta mediante artifizi e raggiri, indipendentemente dalle diverse modalità e tempistiche di consegna del denaro (Cassazione penale Sez. II sentenza n. 24497 del 7 giugno 2023). Inoltre, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante del Danno patrimoniale di rilevante gravità, l’entità oggettiva di esso assume valore preminente, mentre la capacità economica del danneggiato costituisce parametro sussidiario di valutazione cui è possibile ricorrere soltanto nei casi in cui il danno sia di entità tale da rendere dubbia la sua oggettiva rilevanza (Cassazione penale Sez. IV n. 47002/2021).
Si ritiene, inoltre, assolutamente verosimile la sussistenza di un vero e proprio sodalizio criminale ossia di una struttura organizzativa stabile volta alla commissione – con modalità seriale – di frodi online del tutto simili a quelle note come Task Scam, attraverso un sistema gerarchico in cui ogni membro ha uno specifico compito: adescamento; gestione delle piattaforme truffaldine; trasferimento e occultamento dei fondi illeciti. Ciò rientra a pieno titolo nello schema delineato dall’art. 416 c.p. che disciplina l’Associazione per delinquere. Essendo il gruppo criminale organizzato impegnato in truffe online in più di uno Stato, si può riscontrare l’aggravante della transnazionalità per la commissione di un programma criminoso indeterminato.
La condotta dei truffatori integra altresì il reato di Estorsione ex art.629 c.p., il più delle volte nella sua forma tentata, allorquando gli stessi, attraverso la minaccia della mancata restituzione dei fondi, pretendono dalle vittime altro denaro per un non meglio precisato versamento di tasse e/o commissioni per lo sblocco del capitale investito: la richiesta pertanto non può che essere intesa come ingiusta anche in considerazione del fatto che ben potrebbero trattenere il denaro dall’importo da restituire.
Connessa, infatti, alla predetta pretesa ingiusta vi è la prospettazione della minaccia, ovverosia la perdita del capitale (perdita del diritto alla restituzione di quanto le vittime hanno realmente pagato e quanto hanno fittiziamente guadagnato), e ciò integra a pieno il reato di (tentata) Estorsione. Di tutta evidenza vi è il totale annientamento delle capacità di autodeterminazione delle vittime, essendo oltremodo palese la volontà, da parte degli scammers, di persistere nell’intento decettivo nei confronti delle stesse dal momento che richiedono il versamento di ulteriori somme di denaro per arrivare alla restituzione dei fondi.
Appare evidente come ricorra pacificamente il delitto di Sostituzione di persona ex art. 494 c.p. nella misura in cui tutti i protagonisti della truffa online utilizzano verosimilmente falsi nominativi ed appositi profili social ideati ad hoc. Interessante è l’intervento giurisprudenziale (Tribunale penale Cassino sentenza n. 487 del 21 agosto 2020) secondo cui in tema di Truffa e Sostituzione di persona, sussiste il concorso formale tra i due reati, stante la diversità dei beni giuridici protetti, rispettivamente la fede pubblica e il patrimonio. La Sostituzione di persona, reato procedibile d’ufficio e di competenza del tribunale monocratico, ha natura plurioffensiva in quanto tutela sia interessi pubblici che privati. Il delitto si configura quando l’agente, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o recare ad altri un danno, induce taluno in errore attraverso una delle modalità tassativamente previste dall’art. 494 c.p. (sostituzione illegittima della propria all’altrui persona, attribuzione di falso nome o stato, attribuzione di qualità cui la legge ricollega effetti giuridici). Non è necessario che il vantaggio perseguito sia effettivamente conseguito, essendo sufficiente il dolo specifico. È compatibile l’aggravante ex art. 61 n. 2 c.p. quando il reato è commesso per eseguirne un altro, non identificandosi il fine generico previsto dalla norma con quello specifico della connessione teleologica. La Truffa, divenuta procedibile a querela salvo le ipotesi aggravate ex art. 640 co. 2 c.p. o art. 61 n. 7 c.p., richiede artifizi o raggiri idonei ad indurre in errore la vittima, la cui idoneità è dimostrata dall’effetto raggiunto. Il profitto può essere anche solo potenziale e non necessariamente patrimoniale, mentre il danno può consistere anche nella mera assunzione di obbligazioni. Il dolo deve essere generico e precedente o concomitante alla condotta fraudolenta.
Sussiste certamente il delitto di Abusivismo finanziario ex art. 166 del dlgs 58/1998 (TUF) allorquando le somme investite dalle vittime non sono effettivamente impiegate nello strumento finanziario prospettato dai truffatori. Il reato di Abusivismo finanziario può concorrere con quello di Truffa, stante la sostanziale differenza esistente tra le due fattispecie, in quanto l’Abusivismo è reato di pericolo, inteso a tutelare l’interesse degli investitori a trattare soltanto con soggetti affidabili nonché l’interesse del mercato mobiliare, nel suo complesso e nei suoi singoli operatori, ad escludere la concorrenza di intermediari non abilitati, mentre la Truffa è reato istantaneo di danno, che, per la sua esistenza, richiede l’effettiva lesione del patrimonio del cliente, per effetto di una condotta consistente nell’uso di artifizi o raggiri e di una preordinata volontà di gestire il risparmio altrui in modo infedele, e si consuma al momento della produzione dell’effettivo pregiudizio del raggirato e del conseguimento dell’ingiusto profitto dell’agente (Cassazione penale Sez. V sentenza n. 32514 del 19 novembre 2020).
Altra figura di reato riscontrabile è l’Autoriciclaggio ex art. 648 ter 1 cp.. nella misura in cui i truffatori pongono in essere investimenti dei profitti illeciti in operazioni di natura finanziaria, idonee a ostacolare la tracciabilità e la ricostruzione dell’origine delittuosa del denaro.
Il mercato delle criptovalute e le figure di reato connesse
La scena finanziaria degli ultimi decenni ha visto l’utilizzo crescente delle criptovalute, assets digitali che, a partire dall’introduzione del Bitcoin nel 2009, sono diventate un mezzo di scambio sempre più efficiente.
La definizione che il legislatore italiano dà con riferimento alle valute virtuali si rinviene nell’art. 1 del dlgs 231/2007 modificato dal dlgs 4 ottobre 2019, n. 125 dove la moneta virtuale viene definita (cfr. lett. qq) “la rappresentazione digitale di valore, non emessa né garantita da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi o per finalità di investimento e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”.
Si tratta di un sistema finanziario decentralizzato, basato sulla tecnologia della Blockchain e sull’utilizzo della crittografia che garantisce la sicurezza delle transazioni. Nonostante la volatilità del mercato, affidabilità e dinamicità lo contraddistinguono, consentendo anche a investitori non esperti di operare in ambito internazionale. Tuttavia, la mancanza di un’autorità centrale ha aumentato il rischio di attività illecite, rendendo le criptovalute uno strumento ormai privilegiato dai truffatori per occultare i proventi indebitamente ottenuti. Le molteplici possibilità di polverizzazione ed anonimizzazione dei capitali attraverso il sistema delle criptovalute, infatti, osteggia l’individuazione dei flussi di denaro oggetto di condotte fraudolente e impedisce la persecuzione dei responsabili delle frodi. A tal proposito, l’Unione Europea ha intrapreso una serie di misure regolatorie, tra cui l’introduzione del Regolamento MiCA (Regolamento sui Mercati delle Criptovalute) – approvato nel 2023 – che impone standard di trasparenza e obblighi di registrazione per gli emittenti di cripto-attività e per i prestatori di servizi relativi a tali cripto-attività. L’intervento dell’Unione Europea ha l’obiettivo di bilanciare l’innovazione tecnologica con la protezione degli investitori e la stabilità finanziaria, fornendo un quadro normativo chiaro per il settore degli assets digitali che riduca il rischio di manipolazioni e frodi e faciliti lo sviluppo e la competitività della cripto-attività in Europa.
Nell’ambito dei reati connessi alle criptovalute sussiste sicuramente l’Indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti ex art. 493 ter c.p. – dopo la modifica intervenuta con il dlgs 184/2021 – allorquando i truffatori indebitamente utilizzano le criptovalute delle vittime al fine di trarre un profitto.
Prima della riforma apportata dal decreto legislativo n. 184 del 2021, era punito soltanto chi indebitamente utilizzava carte di credito o strumenti di pagamento in generale; in seguito all’intervento del suddetto decreto legislativo, viene punito anche chi utilizza crypto altrui senza il consenso del titolare.
Connessa a tale figura delittuosa è quella prevista dall’art. 493 quater c.p. – introdotto dallo stesso dlgs 184/2021 – rubricato Detenzione e diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a commettere reati riguardanti strumenti di pagamento diversi dai contanti, che si configura allorquando i truffatori detengono e/o diffondono software o hardware idonei a derubare e indebitamente utilizzare gli strumenti di pagamento delle vittime (comprese le criptovalute) al fine di ottenere una qualche utilità.
Appare pacificamente integrato il delitto di Autoriciclaggio ex art. 648 ter 1 c.p. nella misura in cui la moneta virtuale, secondo pertinenti richiami legislativi, giurisprudenziali e dottrinari, non può essere esclusa dall’ambito degli strumenti finanziari e speculativi ai fini di una corretta lettura dell’art. 648 ter 1 c.p..
Difatti, la configurazione del sistema di acquisto di bitcoin (o valuta virtuale in generale) si presta ad agevolare condotte illecite, stante la garanzia di un alto grado di anonimato (sistema cosiddetto “permissionless”) e l’assenza di un qualsivoglia controllo sull’ingresso di nuovi “nodi” e sulla provenienza del denaro convertito.
Ricorre altresì il delitto di Abusivismo finanziario ex art. 166 del dlgs 58/1998 (TUF) allorquando i truffatori propongono e gestiscono investimenti di natura finanziaria, sia con riferimento alle valute virtuali che con altri assets simili, senza alcuna autorizzazione da parte delle autorità preposte.
Secondo gli ultimi interventi giurisprudenziali, le monete virtuali sono da considerarsi strumenti finanziari e, per tale ragione, chi raccoglie e gestisce il risparmio deve necessariamente avere le autorizzazioni previste dalla legge pena la sussistenza dell’ipotesi delittuosa p. e p. dall’art. 166 TUF.
La Suprema Corte ha precisato (Sez. II, Sentenza n. 26807 del 17/09/2020, De Rosa, Rv. 279590 – 01) che ove la vendita di bitcoin (o crypto in generale) venga reclamizzata come una vera e propria proposta di investimento, si ha una attività soggetta agli adempimenti di cui agli artt. 91 e seguenti TUF (“La CONSOB esercita i poteri previsti dalla presente parte avendo riguardo alla tutela degli investitori nonché all’efficienza e alla trasparenza del mercato del controllo societario e del mercato dei capitali”), la cui omissione integra la sussistenza del reato di cui all’art. 166 comma 1 lett. c) TUF (che punisce chiunque offre fuori sede, ovvero promuove o colloca mediante tecniche di comunicazione a distanza, prodotti finanziari o strumenti finanziari o servizi o attività di investimento); pertanto, allo stato, può ritenersi il bitcoin (o qualsiasi altra valuta virtuale) un prodotto finanziario qualora acquistato con finalità d’investimento. La valuta virtuale, quando assume la funzione, e cioè la causa concreta, di strumento d’investimento e, quindi, di prodotto finanziario, va disciplinato con le norme in tema di intermediazione finanziaria (art. 94 ss. TUF), le quali garantiscono attraverso una disciplina unitaria di diritto speciale la tutela dell’investimento (Cassazione penale Sez. II n. 44337/2021 conf. Cassazione penale Sez. II n. 44378/2022).
Come individuare una truffa cosiddetta Task Scam
Nello scenario delle truffe online, quella della Task Scam è una trappola sempre più incombente. L’impatto che la stessa ha sulle vittime è devastante, intaccando non solo la sfera economica ma anche quella psicologica e sociale.
Tale tipologia di truffa prolifera su un terreno assai fertile: l’assenza di cultura finanziaria nella maggior parte della popolazione.
Promuovere una solida educazione alla sicurezza informatica, sensibilizzando gli utenti sulle modalità di riconoscimento di tale tipologia di frode, rappresenta dunque una strategia precauzionale di grande efficacia.
Solo un comportamento consapevole e informato può prevenire truffe e perdite finanziarie.
A tal proposito, diversi sono i segnali di allarme utili a smascherare una truffa afferente a un finto lavoro online:
- Utenze telefoniche recanti prefisso straniero/profili fake creati ad hoc/pubblicità ingannevoli che, con sofisticate tecniche di manipolazione psicologica, promuovono allettanti offerte di lavoro flessibile, prospettando profitti sproporzionati a fronte delle mansioni da svolgere;
- Mere promesse di guadagni facili e veloci a fronte di un impegno lavorativo minimo;
- Errori ortografici e grammaticali nelle e-mail o nei messaggi di testo provenienti dai sedicenti consulenti;
- Richieste di informazioni personali e dati sensibili non legittimate;
- Assenza di un contratto da firmare che certifichi il lavoro da svolgere;
- Artificiosi solleciti di pagamenti anticipati o altrettanto artificiose e continue richieste di denaro per importi sempre più alti;
- Pagamenti richiesti mediante bonifici su conti correnti italiani e/o esteri oppure attraverso transazioni sulle comuni Exchange di criptovalute;
- Senso di urgenza immotivato indotto dai fantomatici operatori di turno;
- Pretestuose argomentazioni adducenti la necessità di versare ulteriore denaro a titolo di fantomatiche tasse o commissioni/pronta sparizione dei sedicenti brokers a fronte della richiesta di prelievo del capitale (apparentemente) guadagnato.
Come tutelarsi da una truffa afferente a un finto lavoro online
La truffa cosiddetta Task Scam si sta affermando come una delle frodi online più insidiose e pervasive. Caderne vittima è fin troppo semplice. Per difendersi, è fondamentale adottare misure di sicurezza proattive:
- Evitare link sospetti, ricevuti da fonti non verificate;
- Diffidare di utenze telefoniche recanti prefisso straniero;
- Verificare sui siti web della Consob, della Banca d’Italia e dell’Esma se nei confronti dei presunti brokers e/o delle piattaforme sponsorizzate sono stati emessi eventuali alert circa una abusiva offerta di servizi finanziari;
- Accertare che i fantomatici brokers siano in possesso di autorizzazioni – per offrire servizi finanziari – effettivamente conseguite su siti governativi;
- Utilizzare esclusivamente piattaforme ufficiali evitando di cliccare su banner pubblicitari;
- Rafforzare la sicurezza degli accounts con l’Autenticazione a due fattori (2FA);
- Evitare di installare sui propri dispositivi applicazioni per il controllo da remoto (Anydesk);
- Utilizzare wallets di criptovalute con funzioni di protezione avanzate;
- Diffidare dei sedicenti brokers e/o delle fantomatiche società che prospettano potenzialità di guadagno sproporzionate e/o che adducono artificiosamente la necessità di pagare somme a titolo di tasse e/o commissioni al fine di sbloccare il capitale investito;
- Non credere a presunti avvocati e consulenti che promettono il recupero delle somme eventualmente già perse;
- Tenersi informati sulle tecniche più all’avanguardia utilizzate dai truffatori.
Assistenza alle vittime di Task Scam
Se ti riconosci nella tipologia di truffa trattata in questo articolo, è importante che tu agisca rapidamente.
E’ necessario:
- Contattare immediatamente l’Istituto di Credito di appartenenza per bloccare eventuali transazioni non autorizzate;
- Denunciare subito la truffa alle autorità competenti: la tempestività è fondamentale per avviare le indagini volte all’identificazione dei truffatori e al possibile recupero delle somme illecitamente sottratte;
- Rivolgersi a un avvocato con esperienza nel settore delle truffe online, dotato di specifiche competenze professionali in ambito di diritto nazionale e internazionale, con cui disporre la strategia più opportuna al caso specifico.
Come difendersi dal punto di vista legale in caso di truffa afferente a un finto lavoro online
Abbiamo affrontato diversi casi di truffa rapportabili a quello delineato nell’articolo che hai appena letto e ti consigliamo di prestare molta attenzione: prima di fare qualsiasi passo, consulta il nostro Team Avvocato Penalista H24 di esperti in materia. Una consulenza online h24 preventiva può salvare i tuoi risparmi. Diversamente, se hai la percezione di essere stato truffato, contattaci per capire come recuperare il capitale.
Questo articolo ti fornisce soltanto alcuni dettagli sulle modalità con cui il nostro Team Avvocato Penalista H24 è riuscito, con tempestività ed efficacia, ad ottenere un accordo transattivo per il recupero del capitale a favore della nostra assistita, dopo che la stessa era rimasta vittima di un meccanismo di truffa online meglio noto come Task Scam.
Avendo supportato legalmente diverse persone che hanno patito frodi afferenti a un finto lavoro online, abbiamo maturato competenze notevoli oltre che una vasta esperienza.
Se hai bisogno di ulteriori informazioni o di una nostra consulenza e vuoi che uno dei nostri avvocati ti illustri maggiori particolari sull’argomento, potrai sicuramente contattarci.
Lo Studio Avvocato Penalista H24 rappresenta, infatti, un punto di riferimento per chi necessita di assistenza legale in materia di truffe online. Grazie a un Team di professionisti altamente specializzati nel diritto penale e nella criminalità economica, lo Studio offre ausilio alle vittime:
- Fornendo consulenze personalizzate per affrontare al meglio le problematiche legate alle frodi informatiche e al recupero dei beni illecitamente sottratti. Clicca qui per sapere come svolgiamo il servizio di consulenza online h24;
- Assistendo i clienti in tutte le fasi del procedimento penale, a partire dalla redazione della denuncia/querela. Leggi le nostre recensioni su Google e scopri cosa dicono gli utenti del nostro Studio Legale e della nostra attività professionale;
- Avvalendosi della collaborazione con esperti di finanza forense, investigatori privati e specialisti in cybersecurity per rintracciare i proventi illeciti e predisporre le migliori strategie difensive. Leggi qui i casi trattati e risolti dal Team dello Studio Legale Avvocato Penalista H24;
- Operando su scala internazionale – in stretta cooperazione con organismi come INTERPOL e EUROPOL – così da facilitare lo scambio di informazioni, accelerare le procedure investigative e avviare procedimenti penali su larga scala.
Se anche tu sei stato vittima di truffa online non esitare a interpellarci.
Riceverai una valutazione completa del tuo caso e intavoleremo la strategia difensiva più adeguata. Metteremo le nostre competenze a tua disposizione. Scrivici e facci sapere da dove ci contatti, concorderemo un appuntamento online o nella nostra sede più vicina.
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