Truffa di finto lavoro online: recuperato il denaro illecitamente sottratto al nostro assistito.

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Truffa di finto lavoro online: recuperato il denaro illecitamente sottratto al nostro assistito.

In un mondo a portata di click, le infinite potenzialità di connessione e interazione istantanea della rete inevitabilmente si intersecano con i rischi sottesi all’abuso dei In un mondo a portata di click, le infinite potenzialità di connessione e interazione istantanea della rete inevitabilmente si intersecano con i rischi sottesi all’abuso dei mezzi tecnologici da parte di criminali informatici spietati attraverso le “Task Scam”. Gli stessi sfruttano l’anonimato della rete e la difficoltà di tracciamento delle operazioni finanziarie per sottrarre a ignari risparmiatori soldi inviati su conti correnti riconducibili ai truffatori.

Nel panorama delle frodi online, è ormai dilagante la pratica cosiddetta Task Scam: truffa camuffata da offerta di lavoro.

Lauti guadagni e massima flessibilità spazio-temporale a fronte di attività semplici da portare a termine: le promesse millantate.

Ingente quantità di soldi inviati – inconsapevolmente – su conti correnti appartenenti a truffatori senza scrupoli a fronte di guadagni fittizi e rimborsi fantasma: la strategia truffaldina.

Risparmi di una vita naufragati: il tragico epilogo.

Come avrai potuto comprendere, quella trattata è una materia complessa, delicata e richiede particolari e specifiche competenze professionali che non tutti gli avvocati posseggono.

È sempre consigliabile, dunque, affidarsi a un competente Avvocato per Truffa online esperto nella materia giuridica trattata di modo che, sin da subito, vi sia la massima garanzia del diritto di difesa, disponendo la strategia difensiva più opportuna al caso specifico.

Abbiamo già affrontato e risolto diversi processi con riferimento a questa materia: leggi i casi risolti del nostro studio legale.

Mettiti subito in contatto con uno dei nostri avvocati il quale ti spiegherà il nostro metodo di lavoro che spesso ci porta ad avere grandi risultati con analogo grado di soddisfazione dei nostri assistiti. Compila il form di contatto che trovi in fondo a questa pagina o premi il pulsante Whatsapp che vedi in sovraimpressione. 

TASK SCAM: DINAMICHE DI UNA DELLE TRUFFE MEGLIO ARCHITETTATE

Il meccanismo di truffa meglio noto come Task Scam si articola idealmente in diverse fasi, ciascuna delle quali contribuisce a rafforzare l’inganno perpetrato ai danni della vittima:

  • Adescamento: l’incipit è rappresentato da pubblicità on line oppure da contatti telefonici o tramite le piattaforme di messaggistica istantanea – Whatsapp e Telegram – da parte di utenze recanti generalmente prefisso straniero. Alla vittima viene illustrata la possibilità di fruttuosi guadagni a fronte di attività online per nulla impegnative e poco remunerative da svolgere quotidianamente e a determinati orari. Il lavoro consiste nel cliccare il tasto “segui” su profili presenti sulla piattaforma Instagram oppure nel mettere “mi piace” a video caricati sulle piattaforme YouTube o Instagram al fine di incrementare la popolarità dei bloggers e le iscrizioni sulle suddette piattaforme. Per ogni compito completato, il guadagno è usualmente compreso tra euro 1 e euro 8. Allettata dalla prospettiva di generare profitti con pochi click, la vittima manifesta concreto interesse per le attività proposte. Sicché, le viene affiancato un sedicente tutor di riferimento.
  • Superamento della diffidenza: Il sedicente consulente pone in essere una serie di subdole operazioni artificiosamente indirizzate a instillare credibilità e a carpire la fiducia della vittima. In particolare, si mostra disponibile a intrattenere conversazioni quotidiane e a fornire chiarimenti e consigli utili ai fini dei compiti da portare a termine, spingendosi – per far apparire tutto in regola – a condividere informazioni personali oltre ai suoi recapiti telefonici e/o indirizzo e-mail. Inoltre, dopo essersi accertato della attività richiedendo come prova uno screenshot, provvede ad accreditare i piccoli importi guadagnati dalla stessa vittima, la quale viene per di più inserita in un gruppo di lavoro e comunicazione in cui anche altri utenti sembrano svolgere i suoi stessi compiti. La vittima ha l’effettiva percezione di trovarsi all’interno di un sistema rodato e strutturato, gestito da operatori seri e affidabili, e finisce per determinarsi a svolgere una seconda attività (apparentemente) finalizzata a incrementare ulteriormente le percentuali di guadagno con minimi rischi.
  • Coinvolgimento attivo: la vittima viene esortata ad anticipare il prezzo di alcuni prodotti in vendita su una piattaforma di E-commerce, con la promessa che tutto le sarà rimborsato maggiorato da percentuali di commissione che costituiranno i suoi guadagni. Acquistati i primi ordini, la vittima ottiene i proventi all’interno di un wallet virtuale che visualizza sulla stessa piattaforma; tuttavia, per accedere alla serie di ordini successiva o incassare i profitti maturati ed i rimborsi, le viene richiesto di depositare sempre nuove somme di denaro. In alternativa, se non provvede, non può “sbloccare” la cifra guadagnata fino a quel momento. I soldi vengono solitamente inviati su conti correnti bancari di presunti commercianti, comunicati di volta in volta dagli stessi falsi operatori, indicando gli stessi il beneficiario, l’importo da dover corrispondere e la causale del bonifico. La vittima, persuasa dell’affidabilità del sedicente consulente e ingolosita dall’idea che ogni pagamento effettuato le consente davvero di guadagnare altro denaro e sbloccare nuove tasks, accondiscende ad ogni richiesta avanzata.
  • Epilogo: le richieste di pagamento diventano sempre più incalzanti fino ad essere materialmente insostenibili. Per di più, a fronte delle richieste di prelievo parziale di quanto visualizzato sul wallet virtuale della piattaforma, vengono addotti alla vittima artificiosi pretesti impeditivi di ottenere il capitale comprensivo di quanto realmente pagato e quanto fittiziamente guadagnato e vengono altresì inoltrate continue richieste di denaro a titolo di tasse e/o commissioni con l’espediente di autorizzare le stesse operazioni di prelievo. Di conseguenza, solo dopo aver subito un esborso economico non indifferente, la vittima realizza che la piattaforma sponsorizzata afferisce a movimentazione non reale e prende piena cognizione di essere definitivamente cascata in un meccanismo di truffa.

FATTISPECIE DI REATO INDIVIDUABILI

Tra le figure di reato perpetrate ai danni delle vittime di truffa cosiddetta Task Scam sussiste innanzitutto la Truffa ex art. 640 c.p.. Si tratta di un reato posto a tutela del patrimonio che certamente risulta offeso dalla condotta posta in essere dai truffatori i quali, dietro la proposta di un finto lavoro online, inducono le vittime a inviare nel corso di poco tempo soldi su conti correnti riconducibili agli stessi truffatori, a fronte della promessa di lauti guadagni che, chiaramente, non intervengono giammai. Che la garanzia di profitto sia solo un espediente per persuadere le stesse vittime a versare il denaro emerge allorquando viene richiesta l’immissione di sempre maggiore capitale.

Essendo la menzionata truffa stata commessa a distanza attraverso strumenti informatici idonei a ostacolare l’identificazione dei truffatori e a facilitare il perpetuarsi del reato in modo più rapido e meno tracciabile, si può ritenere pacificamente integrato il delitto di Truffa aggravata di cui all’art. 640 comma 2 n. 2 ter c.p..

Per di più, ricorre l’aggravante comune della Minorata difesa ex art. 61 comma 1 n. 5 essendo le vittime in una posizione di effettivo svantaggio rispetto ai truffatori (i quali appunto consapevolmente ricorrono allo strumento della rete che consente loro di schermare facilmente la propria identità e di sottrarsi in modo agevole alle eventuali conseguenze penali), il che è ampiamente dimostrato dal fatto che i soldi sono generalmente inviati dalle vittime su conti correnti e/o portafogli virtuali riferibili a soggetti ignoti. L’aggravante sussiste dunque quando il reato viene commesso attraverso contatti telematici a distanza che non consentono alla persona offesa di verificare l’identità e l’affidabilità del venditore né l’esistenza del bene offerto. Tale aggravante permane anche in presenza di successivi contatti telefonici tra le parti, venendo meno solo qualora si realizzino incontri di persona che eliminino la distanza fisica tra venditore e acquirente. La condotta tipica si realizza attraverso la pubblicazione di falsi annunci su piattaforme online, seguiti da comunicazioni tramite e-mail e via telefono con le vittime, utilizzando utenze intestate a soggetti inesistenti per mascherare la propria identità (Tribunale penale Torino sentenza n. 1301 del 9 luglio 2021). 

Ricorre altresì l’aggravante comune del Danno patrimoniale di rilevante gravità ex art. 61 comma 1 n.7 allorquando i truffatori, a fronte delle tempestive e pertinenti richieste disposte dalle vittime a più riprese, non provvedono alla restituzione di alcun importo corrisposto dalle stesse. Tanto è sicuramente sufficiente ad integrare l’aggravante in parola che si configura quando la somma di denaro oggetto della condotta fraudolenta è di entità tale da poter consentire, anche ad un piccolo nucleo familiare, di provvedere alle esigenze primarie di vita necessarie per circa un anno. Ai fini della determinazione del danno patrimoniale cagionato alla persona offesa, qualora la condotta delittuosa risulti unitaria, deve essere considerata l’intera somma complessivamente sottratta mediante artifizi e raggiri, indipendentemente dalle diverse modalità e tempistiche di consegna del denaro (Cassazione penale Sez. II sentenza n. 24497 del 7 giugno 2023). Inoltre, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante del Danno patrimoniale di rilevante gravità, l’entità oggettiva di esso assume valore preminente, mentre la capacità economica del danneggiato costituisce parametro sussidiario di valutazione cui è possibile ricorrere soltanto nei casi in cui il danno sia di entità tale da rendere dubbia la sua oggettiva rilevanza (Cass. Pen. Sez. IV n. 47002/2021). 

Si ritiene, inoltre, assolutamente verosimile la sussistenza di un vero e proprio sodalizio criminale ossia di una struttura organizzativa stabile volta alla commissione – con modalità seriale – di frodi on line del tutto simili a quelle note come Task Scam, attraverso un sistema gerarchico in cui ogni membro ha uno specifico compito: adescamento; gestione delle piattaforme truffaldine; trasferimento e occultamento dei fondi illeciti. Ciò rientra a pieno titolo nello schema delineato dall’art. 416 c.p. che disciplina l’Associazione per delinquere. Essendo il gruppo criminale organizzato impegnato in truffe online in più di uno Stato, si può riscontrare l’aggravante della transnazionalità  per  la commissione di un programma criminoso indeterminato.

La condotta dei truffatori integra altresì il reato di Estorsione ex art.629 c.p., il più delle volte nella sua forma tentata, allorquando gli stessi, attraverso la minaccia della mancata restituzione dei fondi, pretendono dalle vittime altro denaro per un non meglio precisato versamento di tasse e/o commissioni per lo sblocco del capitale investito: la richiesta pertanto non può che essere intesa come ingiusta anche in considerazione del fatto che ben potrebbero trattenere il denaro dall’importo da restituire.

Connessa, infatti, alla predetta pretesa ingiusta, vi è la prospettazione della minaccia, ovverosia la perdita del capitale (perdita del diritto alla restituzione di quanto le vittime hanno realmente pagato e quanto hanno fittiziamente guadagnato), e ciò integra a pieno il reato di (tentata) Estorsione. Di tutta evidenza vi è il totale annientamento delle capacità di autodeterminazione delle vittime, essendo oltremodo palese la volontà, da parte degli scammers, di persistere nell’intento decettivo nei confronti delle stesse dal momento che richiedono di inviare ulteriori soldi su conti correnti ad essi riconducibili per arrivare alla restituzione dei fondi.

Appare evidente come ricorra pacificamente il delitto di Abusivismo finanziario ex art. 166 del dlgs 58/1998 (Tuf) allorquando le somme investite dalle vittime non sono effettivamente impiegate nello strumento finanziario prospettato dai truffatori. Il reato di Abusivismo finanziario può concorrere con quello di Truffa, stante la sostanziale differenza esistente tra le due fattispecie, in quanto l’Abusivismo è reato di pericolo, inteso a tutelare l’interesse degli investitori a trattare soltanto con soggetti affidabili nonché l’interesse del mercato mobiliare, nel suo complesso e nei suoi singoli operatori, ad escludere la concorrenza di intermediari non abilitati, mentre la Truffa è reato istantaneo di danno, che, per la sua esistenza, richiede l’effettiva lesione del patrimonio del cliente, per effetto di una condotta consistente nell’uso di artifizi o raggiri e di una preordinata volontà di gestire il risparmio altrui in modo infedele, e si consuma al momento della produzione dell’effettivo pregiudizio del raggirato e del conseguimento dell’ingiusto profitto dell’agente (Cassazione penale Sez. V sentenza n. 32514 del 19 novembre 2020). 

Altra figura di reato riscontrabile è l’Autoriciclaggio ex art. 648 ter 1 cp.. nella misura in cui i truffatori pongono in essere investimenti dei profitti illeciti in operazioni di natura finanziaria, idonee a ostacolare la tracciabilità e la ricostruzione dell’origine delittuosa del denaro. 

IL CASO DEL NOSTRO ASSISTITO

1. LE MODALITA’ CON CUI È STATA POSTA IN ESSERE LA TRUFFA

Il nostro assistito veniva adescato tramite contatto – attraverso la piattaforma di messaggistica istantanea Whatsapp – da parte di una utenza recante prefisso riconducibile all’Indonesia che promuoveva un fantomatico lavoro sponsorizzato dalla piattaforma di E-commerce ALIEXPRESS in cui venivano (apparentemente) garantite proficue entrate in cambio dello svolgimento – con tempistiche flessibili – di determinate mansioni online.

Abbindolato dalle promesse di un sedicente rappresentante della suddetta piattaforma e al contempo allettato dall’idea di generare profitti, il nostro cliente si determinava a lavorare attraverso la piattaforma ALIEXPRESS.

Il lavoro consisteva nell’aiutare i commercianti ad aumentare la visibilità, la vendita e le valutazioni dei prodotti al dettaglio in cambio di alcune commissioni, con potenzialità di guadagno giornaliere comprese tra euro 100 e euro 500. In più, apponendo likes a video presenti sulla piattaforma Instagram, al nostro assistito veniva effettuato l’immediato accredito di piccoli proventi.

Una volta carpita la fiducia del nostro cliente, gli veniva prospettata la possibilità di incrementare i suoi introiti mediante iscrizione alla piattaforma di investimento e trading online identificata con il dominio www.nse998.com, su cui veniva invitato a creare il suo account di attività.

Con l’espediente di dover avviare le operazioni di trading,  venivano richiesti al nostro assistito i documenti di riconoscimento che purtroppo indebitamente cedeva.

Gli veniva inoltre fatto credere di operare in borsa, con esiti costantemente positivi: i profitti venivano accreditati sul wallet virtuale della piattaforma nse998.

Di conseguenza, aperto il profilo personale sul wallet virtuale presente sulla suddetta piattaforma e iniziata la presunta attività finanziaria, il nostro assistito era definitivamente cascato in un meccanismo di truffa meglio noto come “Task Scam”. 

I pagamenti richiesti per gli investimenti dovevano avvenire previa conversione in criptovaluta. Il nostro cliente utilizzava la Exchange BYBIT per la conversione in moneta virtuale di tipo USDT e pagava attraverso il sito della piattaforma truffaldina o inviando soldi su conti correnti esteri che gli venivano di volta in volta indicati dai truffatori.

Tale circostanza non era nota al nostro cliente che invece, potendo visualizzare soltanto la piattaforma sulla quale operava, era convinto che ogni pagamento effettuato gli avrebbe davvero consentito di conseguire ulteriori proventi.

I grafici dimostrativi dei guadagni generati all’interno della piattaforma nse998, si è poi capito successivamente, non corrispondevano alla realtà e avevano il solo fine di indurre il nostro assistito a versare denaro per importi sempre maggiori, ingolosito dai finti profitti derivanti dalla (presunta) attività di trading.

2. QUANDO IL NOSTRO ASSISTITO SI INSOSPETTIVA

Sempre più frequentemente i truffatori avanzavano tramite la piattaforma nuove richieste di ricarica del wallet virtuale, onde consentire lo sblocco del sistema e proseguire l’attività di trading.

Pertanto, effettuati ulteriori versamenti, il nostro cliente formalizzava la sua richiesta di prelievo dei fondi investiti.

Tuttavia, i truffatori adducevano fasulle complicazioni che impedivano di ottenere il capitale comprensivo di effettivi investimenti e (fittizi) guadagni e gli inoltravano altresì continue richieste di denaro a titolo di tasse e commissioni con l’espediente di sbloccare i fondi depositati.

A questo punto, il nostro assistito avviava una ricerca personale atta a reperire notizie afferenti alla fantomatica piattaforma di investimento e trading on line nse998: appurava la natura truffaldina della stessa e realizzava che il suo caso era assolutamente speculare a quello di molte altre ignare vittime.

Decideva, dunque, di rivolgersi al nostro studio legale e affidarsi a un avvocato crypto, esperto nel settore delle criptovalute, per intraprendere un’azione legale volta al recupero delle somme indebitamente versate per un ammontare di euro 7.260,47 al netto delle commissioni.

COME SIAMO INTERVENUTI A TUTELA DEL NOSTRO ASSISTITO 

Una volta che ci veniva prospettata la situazione, comprendevamo immediatamente l’urgenza del caso e la necessità di dover intraprendere delle azioni legali per il recupero dei fondi illecitamente sottratti.

Prima ancora di procedere con le azioni legali, aiutavamo il nostro assistito nella redazione della denuncia/querela essendo assolutamente evidente, alla luce di tutto quello che avevamo avuto modo di constatare, che  avesse patito una truffa ben congeniata e che, nello specifico, i soldi inviati dallo stesso su conti correnti riconducibili ai sedicenti brokers non fossero mai stati realmente investiti.

A mezzo della denuncia/querela veniva richiesto all’Autorità Giudiziaria di intercettare i flussi di denaro virtuale trasferito agli ignoti truffatori, di sequestrare le criptovalute oggetto del capitale illecitamente sottratto al nostro cliente nonché di perseguire gli autori, ove individuati.

Ed infatti, uno dei presunti truffatori si sarebbe fatto finalmente vivo e ha deciso di procedere alla restituzione integrale dei soldi indebitamente inviati dal nostro assistito su conti correnti gestiti dai sedicenti brokers, per un importo pari a euro 7.260,47.

Di seguito, la e-mail mediante la quale il nostro assistito ci comunicava di aver ricevuto una telefonata dal legale di uno dei presunti truffatori, attestante la volontà di mettersi in contatto con il nostro studio Avvocato Penalista H24 per la restituzione dei fondi illecitamente sottratti.

Chiaramente, dopo aver interloquito con il nostro cliente, abbiamo convinto lo stesso a non rimettere la denuncia nei confronti dei finti brokers essendo necessario che la Magistratura possa indagare al fine di evitare che altre persone siano loro malgrado coinvolte in truffe cosiddette Task Scam.

IL MERCATO DELLE CRIPTOVALUTE E LE FIGURE DI REATO CONNESSE

La scena finanziaria degli ultimi decenni ha visto l’utilizzo crescente delle criptovalute, assets digitali che, a partire dall’introduzione del Bitcoin nel 2009, sono diventate un mezzo di scambio sempre più efficiente. 

La definizione che il legislatore italiano dà con riferimento alle valute virtuali si rinviene nell’art. 1 del d.lgs. 231/2007 modificato  dal D.Lgs. 4 ottobre 2019, n. 125 dove la moneta virtuale viene definita (cfr. lett. qq) “la rappresentazione digitale di valore, non emessa né garantita da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi o per finalità di investimento e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”.

Si tratta di un sistema finanziario decentralizzato, basato sulla tecnologia della Blockchain e sull’utilizzo della crittografia che garantisce la sicurezza delle transazioni. Nonostante la volatilità del mercato, affidabilità e dinamicità le contraddistinguono, consentendo anche a investitori non esperti di operare in ambito internazionale. Tuttavia, la mancanza di un’autorità centrale ha aumentato il rischio di attività illecite, rendendo le criptovalute uno strumento ormai privilegiato dai truffatori per occultare i proventi indebitamente ottenuti. Le molteplici possibilità di polverizzazione ed anonimizzazione dei capitali attraverso il sistema delle criptovalute, infatti, osteggia l’individuazione dei flussi di denaro oggetto di condotte fraudolente e impedisce la persecuzione dei responsabili delle frodi. A tal proposito, l’Unione Europea ha intrapreso una serie di misure regolatorie, tra cui l’introduzione del Regolamento MiCA (Regolamento sui Mercati delle Criptovalute) – approvato nel 2023 – che impone standard di trasparenza e obblighi di registrazione per gli emittenti di cripto-attività e per i prestatori di servizi relativi a tali cripto-attività. L’intervento dell’Unione Europea ha l’obiettivo di bilanciare l’innovazione tecnologica con la protezione degli investitori e la stabilità finanziaria, fornendo un quadro normativo chiaro per il settore degli assets digitali che riduca il rischio di manipolazioni e frodi e faciliti lo sviluppo e la competitività della cripto-attività in Europa.

Nell’ambito dei reati connessi alle Criptovalute sussiste certamente l’Indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti ex art. 493 ter c.p. – dopo la modifica intervenuta con il dlgs 184/2021 – allorquando i truffatori indebitamente utilizzano le criptovalute delle vittime al fine di trarre un profitto.

Prima della riforma apportata dal decreto legislativo n. 184 del 2021, era punito soltanto chi indebitamente utilizzava carte di credito o strumenti di pagamento in generale; in seguito all’intervento del suddetto decreto legislativo, viene punito anche chi utilizza crypto altrui senza il consenso del titolare.

Connessa a tale figura delittuosa è quella prevista dall’art. 493 quater c.p. – introdotto dallo stesso d. lgs. 184/2021 – rubricato Detenzione e diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a commettere reati riguardanti strumenti di pagamento diversi dai contanti, che si configura allorquando i truffatori detengono e/o diffondono software o hardware idonei a derubare e indebitamente utilizzare gli strumenti di pagamento delle vittime (comprese le criptovalute) al fine di ottenere una qualche utilità.

Appare pacificamente integrato il delitto di Autoriciclaggio ex art. 648 ter 1 c.p. nella misura in cui la moneta virtuale, secondo pertinenti richiami legislativi, giurisprudenziali e dottrinari, non può essere esclusa dall’ambito degli strumenti finanziari e speculativi ai fini di una corretta lettura dell’art. 648 ter 1 c.p..

Difatti, la configurazione del sistema di acquisto di bitcoin (o valuta virtuale in generale) si presta ad agevolare condotte illecite, stante la garanzia di un alto grado di anonimato (sistema cd. “permissionless”) e l’assenza di un qualsivoglia controllo sull’ingresso di nuovi “nodi” e sulla provenienza del denaro convertito.

Ricorre altresì il delitto di Abusivismo finanziario ex art. 166 del dlgs 58/1998 (Tuf) allorquando i truffatori propongono e gestiscono investimenti di natura finanziaria, sia con riferimento alle valute virtuali che con altri assets simili, senza alcuna autorizzazione da parte delle autorità preposte.

Secondo gli ultimi interventi giurisprudenziali, le monete virtuali sono da considerarsi strumenti finanziari e, per tale ragione, chi raccoglie e gestisce il risparmio deve necessariamente avere le autorizzazioni previste dalla legge pena la sussistenza dell’ipotesi delittuosa p. e p. dall’art. 166 TUF.

La Suprema Corte ha precisato (Sez. 2, Sentenza n. 26807 del 17/09/2020, De Rosa, Rv. 279590 – 01) che ove la vendita di bitcoin (o crypto in generale) venga reclamizzata come una vera e propria proposta di investimento, si ha una attività soggetta agli adempimenti di cui agli artt. 91 e seguenti TUF (“La CONSOB esercita i poteri previsti dalla presente parte avendo riguardo alla tutela degli investitori nonché all’efficienza e alla trasparenza del mercato del controllo societario e del mercato dei capitali”), la cui omissione integra la sussistenza del reato di cui all’art. 166 comma 1 lett. c) TUF (che punisce chiunque offre fuori sede, ovvero promuove o colloca mediante tecniche di comunicazione a distanza, prodotti finanziari o strumenti finanziari o servizi o attività di investimento); pertanto, allo stato, può ritenersi il bitcoin (o qualsiasi altra valuta virtuale) un prodotto finanziario qualora acquistato con finalità d’investimento. La valuta virtuale, quando assume la funzione, e cioè la causa concreta, di strumento d’investimento e, quindi, di prodotto finanziario, va disciplinato con le norme in tema di intermediazione finanziaria (art. 94 ss. T.U.F.), le quali garantiscono attraverso una disciplina unitaria di diritto speciale la tutela dell’investimento (Cass. Sez. II n. 44337/2021 conf. Cass. Sez. II n. 44378/2022).

COME INDIVIDUARE UNA TRUFFA COSIDDETTA TASK SCAM

Nello scenario delle truffe online, quella della Task Scam è una trappola sempre più incombente. L’impatto che la stessa ha sulle vittime è devastante, intaccando non solo la sfera economica ma anche quella psicologica e sociale.

Promuovere una solida cultura della sicurezza informatica sensibilizzando gli utenti sulle modalità di riconoscimento di tale tipologia di frode rappresenta una strategia precauzionale di grande efficacia. Solo un comportamento consapevole e informato può prevenire truffe e perdite finanziarie.

A tal proposito, diversi sono i segnali di allarme utili a smascherare una truffa afferente a un finto lavoro online:

  • Utenze telefoniche recanti prefisso straniero/profili fake creati ad hoc/banner pubblicitari che, con sofisticate tecniche di manipolazione psicologica, promuovono allettanti offerte di lavoro flessibile, prospettando profitti sproporzionati a fronte delle mansioni da svolgere;
  • Mere promesse di guadagni facili e veloci a fronte di un impegno lavorativo minimo;
  • Errori ortografici e grammaticali nelle e-mail o nei messaggi di testo provenienti dai sedicenti consulenti;
  • Richieste di informazioni personali e dati sensibili non legittimate;
  • Assenza di un contratto da firmare che certifichi il lavoro da svolgere;
  • Artificiose richieste di investimenti anticipati o altrettanto artificiose e continue richieste di denaro per importi sempre più alti;
  • Pagamenti richiesti mediante bonifici su conti correnti esteri oppure attraverso transazioni sulle comuni Exchange di criptovalute;
  • Senso di urgenza immotivato indotto dai fantomatici operatori di turno;
  • Artificiosi pretesti adducenti la necessità di versare ulteriore denaro a titolo di fantomatiche tasse o commissioni/pronta sparizione dei sedicenti brokers a fronte della richiesta di prelievo del capitale (apparentemente) guadagnato.

COME TUTELARSI DA UNA TRUFFA AFFERENTE A UN FINTO LAVORO ONLINE

La truffa cosiddetta Task Scam si sta affermando come una delle frodi online più insidiose e pervasive. Per difendersi, è fondamentale adottare misure di sicurezza proattive:

  • Evitare link sospetti, ricevuti da fonti non verificate;
  • Diffidare di utenze telefoniche recanti prefisso straniero;
  • Verificare sui siti web della Consob, della Banca d’Italia e dell’Esma se nei confronti dei presunti brokers e/o delle piattaforme sponsorizzate sono stati emessi eventuali alert circa una abusiva offerta di servizi finanziari;
  • Accertare che i fantomatici brokers siano in possesso di autorizzazioni – per offrire servizi finanziari – effettivamente conseguite su siti governativi;
  • Utilizzare esclusivamente piattaforme ufficiali evitando di cliccare su banner pubblicitari;
  • Rafforzare la sicurezza degli accounts con l’Autenticazione a due fattori (2FA);
  • Utilizzare wallets di criptovalute con funzioni di protezione avanzate;
  • Diffidare dei sedicenti brokers e/o delle fantomatiche società che prospettano potenzialità di guadagno sproporzionate e/o che adducono artificiosamente la necessità di pagare somme a titolo di tasse e/o commissioni al fine di sbloccare il capitale investito;
  • Non credere a presunti avvocati e consulenti che promettono il recupero delle somme eventualmente già perse;
  • Tenersi informati sulle tecniche più all’avanguardia utilizzate dai truffatori.

ASSISTENZA ALLE VITTIME DI TASK SCAM

Se ti riconosci nella tipologia di truffa trattata in questo articolo, è importante che tu agisca rapidamente. 

E’ necessario:

  • Contattare immediatamente l’Istituto di Credito di appartenenza per bloccare eventuali transazioni non autorizzate;
  • Denunciare subito la truffa alle autorità competenti: la tempestività è fondamentale per avviare le indagini volte all’identificazione dei truffatori e al possibile recupero delle somme illecitamente sottratte;
  • Rivolgersi a un avvocato con esperienza nel settore delle truffe online, dotato di specifiche competenze professionali in ambito di diritto nazionale e internazionale, con cui disporre la strategia più opportuna al caso specifico.

AVVOCATO PENALISTA H24

Questo articolo ti fornisce soltanto alcune informazioni sulle modalità con cui il  nostro Team Avvocato Penalista H24 è riuscito, con tempestività ed efficacia, ad ottenere la restituzione delle somme indebitamente versate dal nostro assistito, dopo che lo stesso era rimasto vittima di un meccanismo di truffa online meglio noto come Task Scam.

Avendo affrontato diversi casi di truffa rapportabili a quello trattato nell’articolo ivi riportato, abbiamo maturato competenze notevoli oltre che una vasta esperienza.

Se hai bisogno di ulteriori informazioni o di una nostra consulenza e vuoi che uno dei nostri avvocati ti fornisca maggiori dettagli sull’argomento, potrai sicuramente contattarci.

Lo Studio Avvocato Penalista H24 rappresenta, infatti, un punto di riferimento per chi necessita di assistenza legale in materia di truffe online. Grazie a un Team di professionisti altamente specializzati nel diritto penale e nella criminalità economica, lo Studio offre supporto alle vittime:

  • Fornendo consulenze personalizzate per affrontare al meglio le problematiche legate alle frodi informatiche e al recupero dei beni illecitamente sottratti. Clicca qui per sapere come svolgiamo il servizio di consulenza online H24;
  • Assistendo i clienti in tutte le fasi del procedimento penale, a partire dalla redazione della denuncia/querela. Leggi le nostre recensioni su Google e scopri cosa dicono gli utenti del nostro studio legale e della nostra attività professionale;
  • Avvalendosi della collaborazione con esperti di finanza forense, investigatori privati e specialisti in cybersecurity per rintracciare i proventi illeciti e predisporre le migliori strategie difensive. Leggi qui i casi trattati e risolti dal Team dello Studio legale Avvocato Penalista H24 .
  • Operando su scala internazionale – in stretta cooperazione con organismi come INTERPOL e EUROPOL – così da facilitare lo scambio di informazioni, accelerare le procedure investigative e avviare procedimenti penali su larga scala.

Se anche tu sei stato vittima di truffa on line non esitare a contattarci. Riceverai una valutazione completa del tuo caso e intavoleremo la strategia difensiva più adeguata. Metteremo le nostre competenze a tua disposizione. Compila il form che trovi in fondo a questa pagina oppure clicca sul pulsante WhatsApp che vedi in sovraimpressione.

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